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Roberta Buttini
Artist

GERMANO BERINGHELI

Dal piano della tela un carattere indagatore, epifaniche emozioni, inoltre, che hanno stimolato l'intensa attività conoscitiva di Roberta Buttini perché è noto come la storia abbia il maggior significato nella qualità dell'appunto.
Si distingua, anzitutto, fra antropologia e arte, il rapporto tra indagine storica e il proposito di ricostruire, con uno stimolo nuovo e autonomo che dilata gli orizzonti, evocando; evocando l'universo dei segni leggibili che sostengono la capacità narrativa.
Nel dialogo tra segno e gesto è evidente un coinvolgente ribaltamento dell'immaginazione.
Allora: per centrare il processo interpretativo degli aspetti dinamici delle società primitive gli antropologi hanno seguito l'analisi sincronica delle strutture sociali (da Montesquieu a Durkheim, se si riflette sul pensiero filosofico), ovvero hanno fatto appello all'avvenimento, alla storia caratterizzata come questione, come interrogazione; gli artisti invece, hanno cercato nell'evocazione o nell'ideale epistemologico del processo interpretativo, i momenti del proprio essere originario ponendo in discussione l'essere, la coscienza del cogliersi come si è.
Rifacendosi all'antico, l'artista di oggi avverte ancora, nel materiale trasfigurato dal tempo, le energie, le emozioni e le sensazioni primitive che, lasciando aggallare segni e colori, producono una iconografia i cui confini sono posti tra il recupero culturale dell'istinto primordiale e la reinvenzione poetica connotata dall'impossessarsi della scena presunta e dalla apparizione dell'immagine estatica.
Semmai si dovrà tener conto, guardando questa mostra della Buttini, una rassegna ricca di pungenze e di aspetti profondi e allusivi, di quanto investa il processo interpretativo il problema epistemologico dell'intendere e di come l'interpretazione artistica, operativamente sempre soggettiva, metta in luce una espressività la cui coerenza logica e stilistica è nel discorso adombrato dalla precipua formatività.
Recuperando radici di una precisa situazione scaturita dalle proprie osservazioni di viaggio o muovendo da opportunità documentarie, la Buttini ha assemblato e legato avvenimenti che hanno prodotto in qualche modo una forte incidenza nella sua espressività artistica, in ciò corrispondendo a quella sedimentata combinazione duchampiana per cui l'oggetto trovato è sempre un referto leggibile e manovrabile secondo le proprie intenzioni.
E qui è l'incontro pregnante, pronto e seducente, con le possibilità espressive dell'artista capace di innervare le proprie fantasie in una sorta di icona che catalizza, segnicamente e pittoricamente, e chiarisce, concettualmente, quella capacità di reinvenzione poetica che rimane carica di tutte le implicazioni logiche, formali, psicologiche.
In più assommando a elegie epocali spinte emozionali, nonché l'unione di tecniche diverse per realizzare, idealmente e manualmente, quel concentrato di apparenze e di significati simbolici che suscita l'immaginario, è evidente di come e di quanto nella ricerca di Roberta Buttini trovino giurisdizione memorie, frammenti di vita, protagonismi che animano, con particolare tensione immaginativa, il taglio squisitamente scenico dei quadri.
E' da essi, dal recupero dei suggerimenti iconografici e dal privilegiare il linguaggio pittorico di estrazione poppartistica e di integrazione narrativa (propria, si intenda, della narrativ-art), che vengono all'osservatore acquisizioni e rimandi "monumentali", ovvero la coesistenza, per affinità elettive, fra il segno grafico-pittorico, quasi scritturale, e le figure citate, estratte in forma di nominazione dalla memoria che imprigiona un avvenimento rivelatore.
La questione, a questo punto, è della pittura, dell'opera d'arte che si costituisce per una serie di rigorose coordinate le quali avviano il pensiero alla formulazione di una immagine; il gesto di dipingere la pittura, lo spazio che porta la pittura, la concentrazione del dipingere sono stati mossi, in origine, da un ritrovamento significativo, un "menhir", segno forte, "arte" come "dato per sempre", attorno al quale si imposta lo specificato della ricerca artistica.
Necessariamente, per la Buttini come per ogni altro artista che si riconosca per tale, l'idea di fare un quadro nasce dal proposito di creare una struttura formale adatta a comunicare un sostrato, un riferimento emozionale o sensibile, come è nel caso in cui "inventa" un alfabeto probabile proponendo addirittura una inevitabile vertigine mentale che tiene contro della fonologia e delle differenti pronunce. O laddove trasforma il passato magico e rimosso della primitività in un "figurato" che sollecita aree tipiche della mitologia pagana o della ritualistica tribale.
Il lavoro della Buttini rifiuta, tuttavia, la asetticità oggettuale e compendiaria degli elenchi scientifici. Reifica, invece quelle memorie ancestrali che lo sguardo trasforma e avvolge di un senso empirico e concreto, opera, cioè, artisticamente, recuperando, dai dettati dell'emozione e della sensazione, forme primarie ch avvia essenzialmente verso la sublimazione.
L'abile rastrematura delle punte di freccia in pietra, la tessitura, la mirabile fattura delle collane di perle in ossidiana, i coltelli di selce, la vita racchiusa nel cerchio magico del nascere e del tramontare del sole, costituiscono il messaggio che l'artista sceglie per comunicare sensibilmente la straordinarietà segreta che si proietta oltre la condizione apparente.
Rispetto alla ufficialità del sapere l'arte ha per referente la sacralità attenzionale con cui ci si pone in ascolto, riunisce nel prodotto rappresentativo l'essenzializzazione dei sentimenti, delle emozioni, dei segni, dei gesti. L'invito della Buttini, col suo lavoro, è di riconsegnare a chi lo guarda le ragioni che l'hanno mosso: come respiro, come pneuma, come soffio che rianima gli stati nascenti e puri dell'essere.

Germano Beringheli

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