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Roberta Buttini
Artist

RICCARDO BOGGI

Roberta Buttini espone in mezzo mondo e, come spesso capita ai veri artisti è forse più amata all'estero che a casa nostra: da Genova a Colonia, da Bari a Basilea, da Bologna a Parigi, a Tel Aviv, al Messico... solo per citare luoghi e musei che l'hanno ospitata e celebrata.
Controcorrente, anticonformista, impegnata sempre a rimettere a posto le cose tra uomo e donna, così l'hanno definita i critici, ma io direi semplicemente che noi oggi incontriamo essenzialmente uno spirito libero, non compromesso. Per questo grazie a Roberta... grazie per essere combattiva nei fatti, nel gioco sapiente con cui compone e scompone miti e certezze.... eroicamente lontana da quella noiosa militanza di maniera che ha caratterizzato tanti artisti contemporanei.
"Con il ritrovamento di un'antica pietra scolpita in Lunigiana... da lì parte il mio viaggio fra riti e miti.... perché nulla si perde in questa nostra terra" E' qui che troviamo, forse, la chiave principale per seguirla nell'affascinante viaggio tra le mura di questo castello, che, finalmente l'amministrazione comunale ci restituisce....
Io, come vi ho detto, non sono altro che un viaggiatore che incontra oggi, con voi, le opere di Roberta Buttini, e se non ho gli strumenti del critico, mi piace pensare che, in fondo, forse quel che conta - avvicinando un artista - è ciò che noi proviamo di fronte alla sua opera: è il piacere, la provocazione, talvolta il pugno allo stomaco che vorresti evitare guardando altrove, perché l'artista ti fa specchiare nella tua anima, e non sempre si ha piacere, desiderio, coraggio di incontrare noi stessi.
Roberta Buttini ti cattura in ogni tela, ti regala sogni, magie.... ti racconto di sé e di te..., ma io, tu e lei... altro non siamo che un anello di una grande catena, che viene da lontano, un anello carico di simboli, di significati di cui abbiamo perduto il senso.
E siamo destinati, noi pure, ad essere reinterpretati da altri: c'è un quadro - bellissimo - proiettato oltre il tremila, con segnali di pericolo che probabilmente tra mille anni decifreranno come il confine tra la vita e la morte. E' un quadro chiave, che ci fa capire come nulla si perde del sentire umano.
Camminando tra queste opere dove c'è tanta anima della nostra terra, mi veniva in mente una prima riflessione: qui ci sono rappresentati, interpretati, resi attuali segni, i simboli dei miti dei nostri antichi padri; lunigianesi, liguri, europei, orientali.
E mi veniva di pensare che l'artista è riuscita nell'audace impresa di far rivivere linguaggi che per gli storici sono semplici reperti, descritti analiticamente, misurati, classificati, Ma morti.
L'arte quando nasce dalla storia intima dell'artista, come in questo caso, restituisce vita a simboli di cui abbiamo perso il senso, li rende attuali, incrocia i destini di quelle antiche genti, con i nostri destini di figli smemorati di tanta storia.
L'artista, ed è il caso di Roberta Buttini, coglie ciò che sfugge allo storico, o che lo storico ha paura di dire: provoca, illumina, ci fa riflettere a cosa c'è oltre l'apparenza delle cose. Ma per fare ciò ci vuole la sensibilità non comune e che non tutti gli artisti hanno.
Mi è spontaneo associare queste opere di Roberta Buttini alle parole di una grande scrittrice che io amo molto, Margherita Yourcenar, che con le parole ha compiuto un viaggio nei miti e nel passato molto simile a quello della nostra artista.
Sentite cosa dice Margherita nel suo "Il tempo grande scultore":
"alla bellezza come l'ha voluta un cervello umano, un'epoca, una società, il tempo aggiunge una bellezza involontaria, associata ai casi della storia: statue spezzate così bene che dal rudere nasce un'opera nuova, perfetta..., un piede che non si dimentica, una mano purissima, un torso che nessun volto ci impedisce di amare..., ma l'esperto sa che quella linea cancellata, quella curva ora perduta ora ritrovata non può che provenire da una mano umana. Qui è tutto l'uomo, la sua collaborazione intelligente con l'universo, la sua lotta contro di esso, e la disfatta finale ove lo spirito e la materia che gli fa da sostegno periscono pressappoco insieme..., davvero tutto ha una sua vita, anzi cento vite, e così la bellissima vittoria di Samotracia è divenuta donna e più vento di mare e dell'aria.
Io metterei queste parole accanto all'opera di Roberta Buttini, nella cui intelligenza e nella felice mano io vedo l'opera di quell'esperto che riconosce, persino nei frammenti, nei simboli dimenticati la pienezza dell'arte, del sentire di chi ci ha preceduto.
Ha ben ragione Roberta Buttini di dire che ricerca antropologica (le forme del cranio degli antenati) studio delle abilità manuali e del linguaggio sono gli strumenti che le hanno consentito questo lavoro artistico. Ma non dimentichiamo che gli strumenti a nulla servono, o a poco, se non abbiamo dentro una nostra sensibilità misteriosa, indefinibile, che nell'artista si traduce nel miracolo dell'opera d'arte, così simile - ogni volta - alla vita che nasce.
L'arte è un parto misterioso, doloroso, irripetibile, che ha bisogno di quelle forti e tenaci donne a cui potete negare la vista piena della luna, ma che hanno fatto e fanno la storia: guardate le "tele sculture" delle statue stele... sono le nostre mitiche donne, quelle - per capirci - che i romani con timore descrivevano forti come gli uomini, che portavano insieme - con dignità - regalità e dolore. In ogni tela di questa mostra c'è la traccia di quella donna, in una immagine o in un manufatto... come c'è la storia di noi, gente della Luna, figli di quelle statue inquietanti che ci proteggono - o spiano? - dal Piagnaro, dove le opere di Roberta Buttini dovrebbero essere ospitate in modo permanente, perché più degli storici l'artista rende attuale e viva le voci di pietra che sfidano i millenni.
Vedete, per quanto ciascuno di noi possa credere di essere razionalista, di ignorare miti e credenze, viene sempre un'ora, un giorno, un anno in cui ci si accorge che è impossibile tracciare una linea netta, un muro tra ciò che in noi è razionale e ciò che appartiene al mito.
E' il tempo in cui torniamo al mondo dei bambini e delle favole, quando un mattone poteva diventare un treno, un bastone il manubrio di una moto.
Allora i nomi delle cose prendevano nostri nomi, la realtà - o quella che ci dicevano essere la realtà - si pregava ai nostri desideri.
In fondo non facevamo altro che creare i nostri miti, ma quando diventiamo adulti a far vivere il mito sono solo i veri artisti.
Le opere di Roberta Buttini ci restituiscono il senso intimo del mito, in esse c'è la ricerca attenta della storia e dell'antropologia, ma - come ho detto - i segni, i simboli del passato delle sue tele ci parlano, tornano ad essere parte della nostra vita, ci interrogano, ci regalano un'ombra di inquietudini o la consolazione di un sorriso, ci fanno capire che la ragione, da sola, non ci dà contro del mistero della vita.
Io, scusandomi per questa lettura che è personale e da ignorante in cose d'arte, vorrei parafrasare una frase di un altro scrittore che amo molto: Fernando Pessoa. Credo che in queste parole si possa riassumere almeno una piccola parte della ricchezza umana e artistica di Roberta:
"La tua anima è una misteriosa orchestra; non so quali strumenti suoni e strida dentro di te: corde, arpe, timballi e tamburi.
Ma la riconosco, oggi, nelle tue opere: bella, libera e forte come una sinfonia".

Riccardo Boggi

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