GIORGIO DI GENOVA
In Liguria, e precisamente a Genova, anche la toscana Roberta Buttini dal 1970, cioè quasi in contemporanea con Costa, s'è applicata allo studio dell'evoluzione umana, rivolgendo il suo interesse all'antropologia sociale e culturale dei miti e dei rituali dalla preistoria all'archeologia industriale, non senza affondi nella comunicazione.
Pertanto nel suo lavoro ella accoglie reperti del neolitico e oggetti d'uso quotidiano, considerati come i totem del nostro tempo, nonché oggetti di archeologia industriale. Nell'ambito di tale ricerca nascono, nel '73, Consumismo, sorta di mostro inghiottitore, realizzato con una dentata bocca, spalancata sistemata su un w.c. ed un paio d'occhiali da sole; nel '74, i dipinti Ipotetici segni comunicativi, tavole sinottiche con elementi neolitici e fossili o con segni grafici primordiali; nel '75, l'ambiente Evoluzione, impostato sulle "radiografie" dei crani dell'homo sapiens attuale e dell'homo futurus-umanoidi sulle pareti e gli oggetti e apparecchi relativi al suo habitat, telefono compreso: nel '76, in agosto, all'interno del capannone dell'Officina Trasformatori della Compagnia Italiana Elettricità Ligure, Carro ponte, una performance con protagonista un gancio bicorne, a voler testimoniare l'agonia e la morte del vecchio oggetto industriale (198); nel '77, l'installazione Equazione, costituita da immagini su fondo rosso e fondo bianco, abbinate a coppia e appese alle pareti, poste in rapporto dialogico con la bipartita Oppressione del '75, sistemata inclinata a terra.
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La performance è stata poi presentata nell'ottobre dello stesso anno alla Galleria LR di Genova. Altri lavori di archeologia industriale sono Per la ricostruzione europea, Alchimia e galvanizzazione Allarmi, gli ultimi due relativi a impianti industriali sorpassati, come Centrale termica, costituita da fotografie della vecchia centrale termica di Canevari, che fu la prima del tipo costruita dall'Ansaldo di Genova, utilizzata per l'illuminazione stradale, l'alimentazione del tram e le piccole utenze domestiche privilegiate di Genova.
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L'arte antropologica di Roberta Buttini presenta analogie e divergenze con quanto ha fatto Costa. Infatti anch'ella recupera materiali poveri, dal legno al tessuto, alle conchiglie ed altro, ma li mette in rapporto con la pittura, nonché con la scrittura tra ideografica e cuneiforme che non di rado assume forme pittografiche. Inoltre i suoi bacini di riferimento sono altre culture, da quelle dell'America Centrale a quelle dell'Oriente, anche estremo, passando per quelle aborigena dell'Australia.
La sua produzione, come ha osservato Beringheli, "nasce dal proposito di creare una struttura formale adatta a comunicare un sostrato, un riferimento emozionale o sensibile, come è nel caso in cui "inventa" un alfabeto probabile, proponendo addirittura una inevitabile vertigine mentale che tiene conto della fonologia e delle differenti pronunce. O laddove trasforma il passato magico e rimosso della primitività in un "figurato" che sollecita aree tipiche della mitologia pagana o della ritualità tribale".
La Buttini in realtà più che proseguire il discorso antropologico/artistico di Costa lo sposta nell'ambito della pittura, in cui affoga talvolta i reperti oggettuali, e del segnismo che dall'impianto scritturale dei lavori del ciclo Artificio comunicativo n.2 del 1980, in cui non mancano epidemie di papiri con geroglifici, slitta negli esiti decorativi del ciclo Segni comunicativi del 1996-97, ciclo che giunge addirittura a far ricondurre i segni verso l'ideografia, com'è nella tavole delle 81 "piastrelle incorniciata da un alfabeto astruso (Segni comunicativi, 1997).
Ovviamente la comunicatività di tali artifici e segni è comunemente frutto di una personale rielaborazione fantastica dell'artista quale a furia di praticare l'antropologia assorbe l'immaginario magico oscillante tra il grafico-simbolico e l'iconismo semplificato per suggestioni neolitiche o tribali in composizioni affollate e non di rado plettoricamente riccamente affastellate in atmosfere in cui le parti in luce evidenziano immagini, disegni e segni, che nelle aperti in ombra vengono con sorbiti (Magia del segno, 1996).
La Buttini, tuttavia, mescola all'antropologia culturale dei miti e dei rituali gli oggetti d'uso quotidiano e dell'archeologia industriale cui reperti considera totem del nostro tempo, con palese contaminatio di pensiero tribale e post-moderno con risultati di adattamento dell'ottica dell'arte antropologica al versante particolarissimo dell'industrial art, per così dire.
Giorgio Di Genova
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